I videogames: ragioniamoci assieme

I videogames: croce e delizia per i genitori di tutto il mondo. Negli ultimi trent’anni i videogiochi sono diventati una tra le maggiori forme di intrattenimento. Nel 2019 il numero di italiani che hanno videogiocato è stato pari a 16.3 milioni (Aesvi; 2020). Quasi un quarto della popolazione nazionale. Inutile dire che ciò lo rende un fenomeno di rilevanza sociale. Spesso in televisione, sui giornali e su internet si leggono articoli relativi alla pericolosità dei videogiochi, di come non debbano essere acquistati e che possano anche essere la causa di comportamenti aggressivi e violenti. Prendendo spunto dall’articolo scritto dalla Dott.ssa Rebecca Minoliti sul numero di Psicologia e Scuola di Maggio 2020 vorrei fornire alcuni spunti di riflessione. Nel suo scritto l’autrice fornisce una breve rassegna degli aspetti positivi e negativi che i videogiochi determinano. Per quanto riguarda gli esiti negativi viene osservato come la letteratura scientifica si sia particolarmente concentrata sull’effetto dei giochi violenti sui più giovani. In un loro studio Anderson, Gentile e Buckley (2007) hanno concluso che l’esposizione ai violent video-games possa costituire un fattore di rischio per bambini e ragazzi, soprattutto per coloro che vivono in condizioni socio-economiche svantaggiate e/o possono subire atti di bullismo dai pari. Nella stessa ricerca viene affermato che alcuni fattori protettivi a livello individuale, famigliare e sociale possono alleviare le conseguenze, riducendo gli effetti di tale esposizione. Il contesto familiare ritengo essere il fattore di maggiore interesse. Spesso mi è capitato di ascoltare bambini che mi raccontavano dei loro ultimi successi videoludici. Quello che mi ha sempre colpito maggiormente sono stati i tipi di giochi che erano soliti fare. Sin da quando ero bambino sono cresciuto con la Playstation. Ho ricevuto la mia prima console in prima media. Finiti i compiti dedicavo la mia oretta giornaliera al mondo del gaming. Per quei sessanta minuti mi ritrovavo a giocare al fianco di Michael Jordan, vincere gare di automobilismo o aiutare un buffo marsupiale arancione a salvare la Terra. Con il passare del tempo e con la crescita i miei gusti si sono via via modificati. Picchiaduro e giochi d’avventura sono diventati i miei preferiti. Fin quando non sono diventato adolescente e ho iniziato a mettere via soldi per comperarmeli da soli, i giochi li ho acquistati sempre con qualcuno. Non esisteva ancora amazon e non si potevano comperare direttamente dalla store della console. Allora si giocava offline. Solo l’avvento delle console di sesta generazione e l’Adsl aprirono le porte al gaming online. Per comperare un gioco dovevi andare nei negozi specializzati. Scaffali pieni di copertine colorate in cui potersi perdere per qualche minuto alla ricerca di quel gioco da comperare e da scoprire nei mesi a venire. Una volta individuato il prescelto bisognava ottenere l’approvazione dell’accompagnatore, spesso mia madre. Non sempre veniva acquistato. Se aveva un contenuto non adatto all’età era impossibile passare l’egida analisi materna. Non tutti sanno che sul retro di ogni copertina sono riportati i dati relativi al contenuto del gioco. Il Pegi (Pan European Game Information) è il metodo di classificazione utilizzato su quasi tutto il territorio europeo, Italia compresa, per classificare i videogiochi in base cinque categorie di età e otto di contenuto. Tutte le informazioni utili per capire se possa o meno essere comperato al proprio figlio sono lì presenti. Tornando a quanto detto prima, quello che mi ha sempre colpito dei racconti dei bambini sui loro videogiochi preferiti era relativo al tipo di gioco scelto. Un bambino di otto anni mi raccontava le sue gesta su Gta V. Per chi non lo sapesse è un action-adventure game in terza persona in cui lo scopo del protagonista è quello di raggiungere la vetta del crimine nello stato di San Andreas attraverso furti, rapine e uccisioni. E’ un gioco classificato Pegi-18, adatto ad un pubblico con età di almeno 18 anni. Un altro ragazzino di 10 anni mi raccontava le sue imprese su God of War, un gioco in cui il protagonista Kratos deve vendicarsi degli Dei dell’Olimpo che gli hanno sterminato la famiglia. Anche in questo caso siamo di fronte ad un Pegi-18. Sicuramente sono giochi molto violenti e non adatti a tutti i ragazzi. Seppur con una vena di critica mi viene da chiedere: bisogna sempre accusare i videogiochi come unici responsabili di atti violenti o forse bisogna educare in primis i genitori (o nello specifico gli acquirenti) nel saper scegliere e regolare il rapporto tra figli/consumatori e videogiochi? Se si lascia un figlio davanti alla televisione e si mette a vedere un programma non adatto alla sua età si deve accusare la televisione? Quando si compera un gioco, così come quando si naviga, si usano i social o si guarda la televisione, bisogna stare attenti a cosa si sta acquistando/guardando. Bisogna prestare attenzione alle informazioni riportate e magari informarsi sui siti specializzati sul tipo di contenuto offerto. Sopratutto le prime volte potrebbe essere utile giocare assieme al proprio figlio. Scoprire il tipo di attività richiesta e farsi un’idea sull’effettiva adeguatezza rispetto all’età. I giochi, se utilizzati con parsimonia e in maniera intelligente possono essere utili. Riprendendo il lavoro della dottoressa Minoliti numerosi sono gli studi che confermano gli effetti positivi sulla salute. In uno studio di Pujol et al (2016) condotto su 2442 ragazzi tra i 7 e gli 11 anni si è osservato che giocare un’ora alla settimana determina vantaggi a livello cognitivo e motorio. Altri lavori pubblicati da Palaus e colleghi nel 2017 hanno mostrato come i videogames modifichino la struttura e il modo di operare del cervello. In ambito scientifico sono diversi i contributi che sottolineano l’efficacia dei video-game training sulle competenze visuospaziali e attentive. Mettendo a confronto videogiocatori e non, diversi studi hanno dimostrato come i primi presentino prestazioni significativamente migliori in compiti di attenzione selettiva (Green and Bavalier, 2003,2006b,2007; Feng et al, 2007;Spence et al, 2009), attenzione sostenuta (Green and Bavalier, 2003; Cohen et al, 2007) e attenzione divisa (Green and Bavalier, 2006b). Mishra, Zinni, Bavalier e Hillyard (2011) attraverso stimolazioni elettrofisiologiche del cervello hanno osservato come le migliori capacità attentive dei videogiocatori siano attribuibili, almeno in parte, ad un incremento della capacità di soppressione delle informazioni distraenti e a una maggiore efficacia nei processi decisionali. In ambito riabilitativo i videogiochi possono essere utilizzati nel potenziare le abilità di lettura. La stimolazione visuo-attentiva elicitata dall’utilizzo di videogame training produrrebbe un miglioramento nella lettura, oltre che nell’abilità fonologica e nella memoria a breve termine (Franceschini & Bertoni; 2018). Tale efficacia sarebbe valida solo se all’interno del gioco i soggetti riescono a utilizzare in maniera efficace le stesse abilità attentive e percettive impiegate nella lettura. Il videogioco di per sè non è qualcosa di pericoloso. E’ l’uso che se ne fa a renderlo positivo o negativo. Sopratutto quando sono più piccoli è bene prestare attenzione all’attività videoludica dei propri figli. Valutare i contenuti scelti e i tempi di utilizzo, al fine di non favorire l’insorgenza di una dipendenza da videogiochi (ICD 11). I videogiochi se fatti usare con la testa possono essere una forma di svago capace di avvicinare generazioni diverse. Giocare assieme ai propri figli o con i più giovani può aiutare i grandi ad avvicinarsi al loro mondo, condividere con loro del tempo. Può essere un medium per lavorare sulla relazione. Il mondo dei gaming come Giano può avere diverse facce e sfaccettarure. Da un lato se usato in maniera sbagliata può nei casi peggiori portare a isolamento sociale, perdita di interesse per altri hobbies (Plante et al, 2019) o adescamento di minori tramite chat di giochi online (sito polizia postale, 2018); dall’altro può essere un mezzo di condivisione con i più giovani, un modo per capire e conoscere il loro mondo o passare del tempo assieme ai propri amici vicini o lontani. Il fattore che più influenza la possibilità di andare in una delle due prospettive è dettato dalla capacità degli adulti di monitorarne l’utilizzo e prestare attenzione ai contenuti offerti. Il videogioco in sè determina ripercussioni negative sulla vita di chi ne fa uso. Quello che ne determina gli effetti è il modo in cui viene utilizzato.

Articolo di Marco Guida

Bibliografia

  • Anderson, C.A., Gentile, D.A.,Buckley, K.E.(2007); Violent video game effects on children and adolescents, Theory, research and public policy, Oxford University press, New York
  • Cohen J E, Green C S, Bavelier D (2007) Training visual attention with video games: not all games are created equal. In: Computer games and team and individual learning (O’Neil H, Perez R, eds), pp 205–227. Amsterdam: Elsevier
  • Feng J, Spence I,Pratt J (2007) Playing an action videogame reduces gender differences in spatial cognition. Psychol Sci 18:850 – 855.
  • Franceschini,S., Bertoni, S.,(2019); Improving action video games abilities increases the phonological decoding speed and phonological short term memory in childen with developmental dyslexia, Neuropsychologia,130, 100-106
  • Green CS, Bavelier D (2003) Action video game modifies visual selective attention. Nature 423:534 –537
  • Green CS, Bavelier D (2006b) Effect of action video games on the spatial distribution of visuospatial attention. J Exp Psychol Hum Percept Perform 32:1465–1478
  • Green CS, Bavelier D (2007) Action-video-game experience alters the spatial resolution of vision. Psychol Sci 18:88 –94
  • Minoliti, R. (2020), Gli effetti dei videogiochi sul benessere dei bambini e ragazzi, Psicologia e Scuola, 5, 18-24, Giunti
  • Mishra, J., Marla M.,Bavalier, D., Hillyard,S.A; (2011), Neural Basis of Superior Performance of Action Videogame Players in an Attention-Demanding Task, The journal of neuroscience , 31(3), 992-998
  • Palaus, M; Marron, E.M.; Viejo-Sobera, R.; Redolar-Ripoli, D (2017); Neural basis of video gaming: a sistematic review, Human Neuroscience, 11, 248
  • Pujol, J. Fenoli,R; Forns, J, Harrison, B.J., Martinez-Vilavella,G., Macia,D., Alvarez-Pedresol,M., Blanco-Hinojo,L., Gonzales-Ortiz,S., Deus,J., Sunyer,J.(2016); Video gaming in school children: How much is enough?; Annals of neurology 80/3, 424-433
  • SpenceI,YuJJ,FengJ,MarshmanJ (2009) Women match men when learning a spatial skill. J Exp Psychol Learn Mem Cogn 35:1097–1103.
  • Sito polizia postale http://www.commissariatodips.it
  • Sito Aesvi http://www.iideassociation.com

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